
Pubblicato il: 05/11/2025
DALLA PACE TRADITA ALLA GUERRA PERMANENTE
Seminario dell’Associazione Amiche e Amici del Lavoro in collaborazione con Sbilanciamoci
CONTESTO:
La guerra è entrata nell’ordine delle cose con la caduta del tabù dei tabù definito alla fine della Seconda guerra
mondiale che troneggia nella nostra Costituzione all’art. 11: l’Italia ripudia la guerra.
La caduta del tabù è il prodotto, la naturale conclusione della globalizzazione neoliberista che ha messo al centro
dell’agire politico ed economico il mercato e la sua dittatura fino a modificare, con l’economia, la cultura e le relazioni
sociali e umane. La guerra è l’esito naturale della filosofia della competizione spinta al massimo tra aziende, tra
stabilimenti della stessa azienda, tra lavoratori e cittadini, di serie A, B e C. Dalla guerra tra poveri alla guerra tra stati,
e viceversa.
La guerra oggi è qualcosa che assomiglia allo scontro finale tra potenze finanziarie (il finanzcapitalismo di Gallino) non
governato dalla politica, semmai è la politica a esserne governata, soggiogata, privata di autonomia. La guerra non è
più la prosecuzione della politica con altri mezzi, è la morte della politica. E’ entrata nella normalità delle cose, nella
lettura del presente e nella costruzione-distruzione del futuro.
L’economia di guerra che sta distruggendo le fondamenta e le regole del rapporto tra stati, potenze, aree geografiche
che avevano governato il mondo precedente impone nuove fondamenta e regole. A partire dall’accelerazione
dell’attacco al welfare, dalla militarizzazione del rapporto capitale-lavoro, dalla cancellazione dei diritti sociali, civili,
umani, ambientali. Sono in gioco, da un lato la democrazia, dall’altro la stessa vita del pianeta.
Il modello sociale europeo è morto e sepolto, l’Europa stessa ridotta dalla sudditanza agli Usa alla inconsistenza politica.
Una terra di mezzo senza potere, schiacciata dal conflitto totale tra gli Usa e la Cina, che si riarma con il rischio di
portare la guerra nel suo stesso ventre. Magari, per quanto ci riguarda, sognando un nuovo asse Roma-Berlino.
La superiorità delle democrazie occidentali non esiste più, ammesso che sia mai esistita in forme compiute. La “nostra”
democrazia si è svuotata, esaurita: a forza di esportarla con il colonialismo (e neocolonialismo) e la guerra, ce la siamo
finita. I governi sono autocrazie, in Francia governa chi ha perso le elezioni, in Italia chi ha vinto per l’estinzione delle
sinistre e il conseguente abbandono delle urne da parte dei cittadini, a partire dai lavoratori privi di rappresentanza e
persino di sponde politiche. Le socialdemocrazie europee sono agonizzanti, si è rovesciato l’obiettivo originario: si
volevano svuotare gli arsenali e riempire i granai, oggi l’obiettivo è svuotare i granali per riempire gli arsenali. La Iveco
dai camion alle autoblinde, la Fincantieri dalle navi da crociera alle navi da guerra. Si rovescia la vecchia battaglia
novecentesca per la riconversione della produzione dal militare al civile e per la fine della produzione di bombe (vedi
il caso della Valsella). Tra mille contraddizioni: le fabbriche più sindacalizzate sono quelle della produzione bellica (ovvio,
sono tra le poche che tirano come la Leonardo, o la Beretta). Alle riunioni dei sindacati europei (confederali ma anche
metalmeccanici) la Cgil e la Fiom sono tra le poche organizzazioni a contestare le politiche di riarmo dell’Europa.
Neanche la mitica Ig-Metal sembra scandalizzarsi.
I diritti dei lavoratori, i diritti dei cittadini, i diritti della terra sono sempre più sotto attacco. Salta la rappresentanza
politica e la partecipazione democratica lascia il posto all’accentramento dei poteri, avanza la tendenza allo sconforto,
al rancore per “il tradimento” delle sinistre e dunque alla distanza dalla politica, fino alla delega all’uomo (o donna che
sia) forte e alla guerra tra poveri, i penultimi contro gli ultimi.
La guerra fa a pezzi ogni spinta verso l’uguaglianza e aumenta a dismisura le diseguaglianze, fa a pezzi i diritti, lo stato
di diritto, il diritto internazionale imponendo un modello energivoro e ambientalmente insostenibile. E ammazza la
solidarietà. Le democrazie sono lente e faticose, le decisioni vengono accentrate.
Per non farsi prendere dal pessimismo è indispensabile analizzare senza infingimenti lo stato delle cose presente, i
processi in atto e le tendenze, solo così è possibile cercare insieme delle risposte alla domanda sul che fare, con chi,
come, per andare dove.
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P.za Giuseppe Garibaldi, 91, 80142 Napoli NA
GIOVEDI’ 27 Novembre 2025
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Il Presidente
Evaristo Agnelli
31 Ottobre 2025